Gran parte delle mie muse ispiratrici ha quasi il doppio dei miei anni. Chiedete a una qualsiasi donna nera quale sia la sua icona di bellezza: preparatevi a sentire i nomi di parecchie signore attempate. Ad esempio, la leggendaria Diana Ross, che oggi ha 79 anni ma sembra appena scesa dal palco assieme alle Supremes. O la cantante Grace Jones, che forse è una vampira, altrimenti non si spiega come, col suo inconfondibile look androgino, a 74 anni sia ancora favolosa. E poi ci sono le compiante Tina Turner e l’attrice Cicely Tyson che anche a 96 anni si faceva decisamente notare sui red carpet per la sua bellezza. Si dice “black don’t crack”, “i neri non invecchiano mai”, mia nonna me lo ha sempre detto. E forse un po’ vero lo è. Culturalmente, mentre il mondo sembra sempre più ossessionato dalla giovinezza – come se apparire come eterne bambine fosse un valore – il rispetto e la devozione per le signore più agée è una parte fondamentale del mondo black e della magia di noi ragazze nere. In effetti, le mie amiche bianche non citano quasi mai star come Helen Mirren, Meryl Streep o Goldie Hawn (tutte bellissime, sia chiaro) come loro muse. Il punto è che le donne nere hanno un approccio alla bellezza davvero speciale e da cui trarre ispirazione. Infatti, da un lato siamo abituate a celebrare la bellezza a prescindere dall’età, dalla carnagione, dal tipo di capelli o di fisionomia. Dall’altro, non ci stressiamo per quello che pensano gli altri. Per noi, la bellezza trascende il fisico e ha radici molto più profonde, è una questione di potere, di empowerment, che una donna è in grado di emanare. Ma lasciate che mi spieghi meglio: Diana, Grace e Cicely rappresentano una forma di orgoglio transgenerazionale che ci ricorda che una donna nera è, è sempre stata e sempre sarà meravigliosa. «Nella comunità black, la cultura della bellezza si tramanda di generazione in generazione», afferma Brooke DeVard Ozaydinli, host del pluripremiato podcast Naked Beauty. «Queste donne sono state le icone delle nostre nonne e delle nostre madri». Ecco perché noi le ammiriamo a nostra volta.

Così come sei

«Amati per la pelle che hai». Non so di preciso quando sia nato questo tormentone, ma qualcosa mi dice che esista da sempre. Di certo si è diffuso a macchia d’olio grazie al movimento per i diritti civili negli anni Sessanta, quando la comunità black ha iniziato a gridare a gran voce il proprio orgoglio condannando le ingiustizie subite negli anni. Non solo per le nostre menti, spesso così brillanti, ma anche per la nostra bellezza. Imparare ad amarci per la pelle che abbiamo è diventato un imperativo, perché la società ci aveva sempre convinto del contrario. Ozaydinli afferma che le donne nere spesso le ripetono: «Man mano che faccio esperienze, che rafforzo la mia autostima e scopro chi sono, mi sento più bella». Lei concorda, e aggiunge: «In un mondo ideale, questo adagio sarebbe universalmente valido, ma credo che per le donne nere abbia un senso ancora più profondo, perché il nostro viaggio interiore è un po’ più lungo e tortuoso. E la cultura mainstream non ci aiuta affatto. Anzi, ci rema contro». Forse è proprio per questo che la skincare è sempre stata al centro dei rituali di bellezza di noi nere, nonostante nel mondo occidentale fossero pochissime (e lo siano tuttora) le modelle nere coinvolte per pubblicizzarla. So di non essere stata l’unica bambina a cui la madre e la nonna ricordavano di non mettere mai piede fuori di casa con un aspetto sciatto e la pelle grigiastra, perché idratarmi non significava solo apparire più bella, ma era un vero e proprio atto d’amore – personale e pubblico – per la mia pelle scura. Un prezioso retaggio, che non è stato recepito solo dalle trentenni. Lo conferma Naima Brown, studentessa di 21 anni: «Ok, magari non dirò proprio: “Adoro questa acconciatura di Angela Bassett, corro a copiarle il look”. Tuttavia, so quanto siano leggendarie queste icone e quanto il loro talento e bellezza siano immortali. E mi ispirano, direttamente e indirettamente, a prendermi cura di me».

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La diversità nella diversità

Naturalmente, prendere coscienza della propria bellezza è un cammino difficile e irto di ostacoli. Dati gli standard di bellezza ancora molto limitati, è raro che la Blackness sia celebrata in tutte le sue sfumature. Di solito vengono riproposti triti stereotipi: pensiamo di nuovo a tutte quelle campagne pubblicitarie con donne nere dalla carnagione chiara e i riccioli morbidi, e al loro esatto opposto, cioè i servizi di moda che propongono un tripudio di pelli scurissime e capelli super-afro. Non c’è diversità in questa diversità. E quando la nostra Blackness è calpestata (o manipolata, o feticizzata), non possiamo che farci forza a vicenda. Ecco perché mantra come “Black is beautiful” (Nero è bello) e “Black girl magic” (Magia delle ragazze nere) sono così importanti: ci ricordano chi siamo. «Le donne nere hanno sempre dovuto creare i propri standard di bellezza, perché quando non si è rappresentate e men che meno celebrate dalla cultura mainstream, si sviluppa la propria sottocultura», spiega Ozaydinli. Così facendo, siamo anche riuscite ad approcciare il consumismo in modo intelligente. Fino a non molti anni fa, nonostante il nostro potere d’acquisto, l’industria cosmetica ha ignorato le nostre esigenze specifiche. Ecco allora che le donne nere sono diventate maestre del fai-da-te, mescolando diversi fondotinta fino a ottenere la tonalità giusta e preparando intrugli (tramandati per generazioni) utili a trattare l’iper-pigmentazione. La mancanza di prodotti facilmente reperibili, unita alla sottocultura black che rivendica sfacciatamente la nostra magnificenza, è il motivo per cui siamo molto più interessate a migliorare, e non a trasformare, il nostro look. Ovvero: sappiamo di essere già meravigliose. Non c’è bisogno che ce lo diciate voi, perché ce lo diciamo tra di noi (ma se conoscete dei prodotti che mi rendano ancora più meravigliosa, ditemelo ché ne prendo centomila flaconi).

Il vero segreto di bellezza

Forse il nostro approccio così esuberante alla bellezza è una forma d’amore. Quando una donna nera si complimenta con un’altra donna nera, scatta la magia. «Io e le mie amiche sappiamo di combattere la stessa battaglia», dice Naima. «E dirci qualcosa di carino è uno dei tanti modi che abbiamo di farci coraggio a vicenda». Ci spertichiamo sempre in lodi per un’altra sorella, se per strada incrociamo una perfetta sconosciuta con dei riccioli clamorosi, la fermiamo e le chiediamo che prodotti usa. «Non so se altri gruppi di donne condividano il nostro cameratismo», dice Ozaydinli. «Noi siamo come un villaggio. Ci scambiamo consigli e complimenti senza alcuna remora. Siamo sempre “sorelle”, davvero». In un frangente storico funestato da continui e vergognosi conflitti razziali, abbiamo più che mai bisogno del nostro villaggio. E di una solida sorellanza. Perché la filosofia di bellezza black è radicata nella nostra personale esperienza, ma ciò non significa che non possa essere d’ispirazione per altre donne. E allora invito tutte a smettere di stressarvi, soprattutto per l’età che avanza. E fidatevi, il vero segreto di bellezza, quello più autentico, è celebrarvi nella vostra unica e inimitabile magnificenza.

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