Le reti fantasma sono reti abbandonate o perse dai pescatori, che purtroppo rappresentano una grande minaccia per i nostri mari. Infatti, anche dopo essere state abbandonate, continuano a“pescare”, intrappolando gli animali marini e soffocando l’intero fondale. Il Mediterraneo in profondità nasconde degli ecosistemi ricchi di biodiversità, come il coralligeno, un habitat caratterizzato da specie fragili come le gorgonie o le praterie di Posidonia, essenziali per la produzione di ossigeno. Le reti abbandonate schiacciano e soffocano questi organismi, già minacciati dal surriscaldamento, dell'acidificazione delle acque, dalla pesca e dall’inquinamento.

Oltre ai danni fisici sono anche una forma di inquinamento. Se in passato le reti erano realizzate in fibre naturali, oggi sono di plastica. Un materiale che, degradandosi, dà origine a delle piccole particelle, le micro plastiche, che trasportano inquinanti e tramite la rete alimentare arrivano fino alle nostre tavole..

Purtroppo recuperare queste reti non è facile, è necessaria l’azione coordinata di una squadra strutturata di subacquei per portare a termine queste operazioni. Basti pensare che la rete recuperata recentemente in Liguria dall’associazione Mare vivo, era a 50 metri di profondità, lunga300 metri e del peso di 400/450 kg.

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Secondo un rapporto realizzato da FAO e Unep (2009), ogni anno in tutto il mondo vengono abbandonate o perse dalle 640.000 alle 800.000 tonnellate di attrezzi da pesca. Anche in questo contesto, la pesca sostenibile, effettuata con razionalità e con tecniche di pesca selettive, è un obiettivo necessario per la ripresa delle popolazioni di pesce, ma anche per evitare che minacce nascoste, come le reti fantasma, danneggino ulteriormente gli ecosistemi. Una pratica sostenuta in maniera concreta da Worldrise, che oltre alla sensibilizzazione dei pescatori e dei consumatori, ha avviato la Campagna 30x30 Italia, con l’obiettivo di proteggere il 30% dei mari italiani entro il 2030, attraverso l’istituzione di Aree Marine Protette ben gestite, che possano effettivamente tutelare la biodiversità del Mar Mediterraneo.