È successo tutto per caso. Sì, corro da anni e ho già corso una mezza maratona, ma l'occasione di fare quella di Londra è arrivata per un immenso colpo di fortuna: un'estrazione a sorte organizzata dalla stessa organizzazione inglese.
Compilo il modulo online e zac!, dopo qualche settimana mi arriva la notifica della vincita del pettorale via email. Wow, correrò la Royal Parks Foundation Half Marathon, che già il nome fa battere il cuore.
So quindi sei mesi prima che a ottobre 2016 sarò a Londra, in mezzo a mille runner, alla partenza e forse anche al traguardo. Forse, perché tutte le volte che corri una mezza sai che parti, ma non sai mai bene se arriverai fino in fondo. Sono pur sempre 21,0975 km e, con i miei tempi, 2 ore e un quarto di corsa continua...
Comunque ciao. Letta l'email, chiudo i pensieri. Come al solito, non mi prende la frenesia da prestazione, manco quella degli allenamenti. Corro a giorno alterni, corro tutti giorni, e poi non corro per settimane.
Arriva ottobre così. Poca preparazione, poca voglia di correre. Ho un momento di down e penso pure di cedere il pettorale. Ma poi no. Non è giusto, penso. Centinaia di runner vorrebbero essere al posto mio. Quindi via. Vado. Io, il biglietto del volo aereo comprato all'ultimo, un valigino con giusto il cambio più l'abbigliamento tecnico e ciao. I'll be back in 2 days.
Non mi preoccupo neanche della temperatura, correrò in canotta, leggings al ginocchio. In queste cose sono spartanissima.
So che a Londra troverò altri amici runner, e questo mi scalda il cuore: la mia amica Laura che si è da poco trasferita lì con la sua famiglia e che mi ospiterà per il weekend. E poi Lucia, Alessandro, Monica, Dominic, Anna, Laura, Flavio e Igor... I cari marziani, Podisti da Marte.
So che non sarò sola, ma so che correrò sola, perché alla fine ognuno ha il suo ritmo. Puoi correre insieme per qualche km, ma poi ognuno segue il suo passo, il suo cuore, la sua testa.
Arriva la vigilia della mezza. Per cena: minestrina che mangio super rilassata e in modalità "calzettoni e divano" a casa di Laura. Sono carboidrati e sono perfetti per trattenere acqua che servirà durante la marcia. Ma chi ha voglia di correre domani?
A letto presto. La sveglia è all'alba. Anche Laura correrà la mezza, quindi ci prepariamo mentre tutti ancora dormono, e andiamo.
Fuori fa freddo. C'è ancora poca luce. Ma la giornata è serena. Il cuore salta in gola e so che starà lì finché non inizierò a correre.
La metro non arriva. Ci sono ritardi. Arriviamo tardi anche noi ad Hyde Park, da dove partirà e finirà tutto. Pochi minuti per lasciare la sacca con il cambio, fare la pipì al volo e catapultarci nel nostro settore di partenza. I maratoneti più veloci sono già partiti da qualche minuto. Ma la folla di runner è talmente numerosa e compatta che passiamo sul nastro dello start dopo 15 minuti dallo sparo. Siamo in 16 mila.
Il cielo è azzurro. C'è il sole. Un vento freddissimo. 5/6° C. Io in canotta, ho la pelle paonazza. Ma non mi importa, quel vento freddo è pura energia.
Corro, sì sto correndo. Sì, sono alla Royal Parks Foundation Half Marathon. Mi godo i cori degli spettatori, batto il 5 con non so quanti bambini, vecchietti, giovani e signore. Corro, sono a Londra.
Corro e non me ne frega niente se l'iPod è completamente scarico e non posso ascoltare la musica. WTF! La musica sono i respiri degli altri runner, sono i passi veloci, pesanti, leggeri, sono le urla di incitamento di chi guarda e non corre. Goooooo.
1, 2, 3, 4 km, guardo sul mio orologio. Il percorso invece è segnato dalle miglia, 1, 2, 3. Non passano mai, sono lunghissime, una volta e mezza il chilometro...
La prima ora vola via veloce. Tra Buckingham Palace, chissà se la regina ci sta guardando, The Green Park, St James's Park, il Big Ben, Trafalgar Square.... Emozione pura.
Sono al 10° chilometro. Sto bene. Sono a metà. So che la parte più difficile arriverà dal 15esimo.
E corro. Rettilinei, curve, sterrati nei parchi, salite (ma quante salite ci sono a Londra!!!).
Al 18esimo chilometro, nel bel mezzo di Kensington Garden, iniziano i crampi nella parte bassa dei polpacci. Aiuto. Non so come neutralizzarli. Bevo sali minerali. Rallento. Mi paralizzano il passo. Ma so che non posso fermarmi.
Corro, corro male, corro poggiando il tallone per stirare il muscolo. Corro e rido. Perché le endorfine sono a mille e il dolore è fortissimo. Corro e faccio il conto alla rovescia, ancora 3 km, ancora 2,5 km... Non finiscono più. Non è una buona idea.
Allora corro e penso ad altro. Guardo intorno. Guardo i miei compagni intorno. È con loro che taglierò il traguardo. Forza tutti. Forza andiamo. Forza ce la possiamo fare. Sto correndo da due ore. Ancora un quarto d'ora e il traguardo sarà lì.
Guardo davanti a me. E vedo il cartello "HALF MILE": mezzo miglio, 800 metri.
Poi 400. Non resisto più. Forza Paola mi ripeto da sola. Vedo il gonfiabile del traguardo. Vedo, corro, volo. Passo sul nastro nero appiccicato a terra, è l'ultimo passo. Quello che spegne il timer. Fine. Arrivata.
Il cuore salta di nuovo in gola. Fortissimo. Mi infilano la medaglia al collo e, per la prima volta a fine gara, scoppio a piangere. I'am a FINISHER. Sì. E piango ancora.
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