Sono sieropositiva da quando ho 24 anni. In quel periodo studiavo Architettura all'università e avevo una vita normale. Anche un fidanzato. Dopo 2 anni insieme, io e Marco cominciavamo anche a fare progetti di vita a due: uno studio di architettura, i viaggi, una casa tutta nostra. Mi fidavo di lui.

La mazzata è arrivata per caso, durante i controlli di routine che precedono le donazioni di sangue (che in quel periodo facevo un paio di volte all'anno): Hiv positiva. Quando mi hanno chiamato in privato per darmi la notizia, in ambulatorio mi sono sentita male. Mi hanno chiesto di tornare in ospedale dopo un po' per un secondo test di conferma. Prima di quella donazione stavo bene.

Cosa era successo? Non avevo avuto altri rapporti negli ultimi mesi, se non con Marco. Ho una vita regolare, niente droga. Morale? Corna: Marco mi aveva tradita, non aveva usato il condom, era sieropositivo (senza saperlo) e ha passato il virus anche a me. Quello che è successo dopo te lo lascio immaginare. Pianti, scenate, disperazione, Marco che crolla e sparisce dalla mia vita. Una bella botta anche per lui. Io per fortuna ho trovato un bravo medico e uno psicologo che mi hanno seguito e aiutato in quel periodo difficile. Avevo persino paura a uscire di casa, mi sentivo sbagliata, appestata. Ai miei l'ho detto dopo 8 mesi di counselling con uno psicoterapeuta.

I medici mi hanno spiegato che con le nuove terapie antiretrovirali si riesce ad avere una vita più o meno "normale". Seguendo correttamente il protocollo medico e prendendo i farmaci regolarmente, la carica del virus si abbassa moltissimo. Posso fare tutto: viaggiare, fare sport, lavorare, fare l'amore (con tante precauzioni) e avere figli sani (seguendo protocolli medici rigidi). Ma dovrò prendere medicine per tutta la vita, non ho garanzie di non ammalarmi di Aids e ho un rischio maggiore di sviluppare patologie correlate all'infezione e all'assunzione dei farmaci, come tumori, osteoporosi, problemi cardiaci e al fegato.

Devo controllarmi continuamente e ho le difese immunitarie un po' ballerine... Ma alla fine, in tutto questo, mi reputo anche una persona fortunata perché la mia è stata una diagnosi precoce: chi scopre la sieropositività tardi ha più probabilità di ammalarsi di Aids. Il problema più grande è l'aspetto psicologico. Tutte le volte che cucino per gli amici ho il terrore di avere ferite sulle mani. Il sangue, mio e degli altri, mi spaventa. Ho ancora qualche attacco di panico, come il giorno in cui mi hanno comunicato la mia sieropositività. Per non parlare delle relazioni. Ho avuto altre due storie, ma finite male. Troppo difficile accettare la mia condizione, anche se c'è grande affetto e voglia di far funzionare la storia.

Ma non mi abbatto. Ho amici che sanno tutto e altri che ignorano il problema (per esempio, al lavoro). E per tutti sono Barbara, architetto, con una passione sfrenata per la cucina, i viaggi, i gatti, le scarpe. E per la vita.