Cosmopolitan mi ha chiesto di provare una disciplina olimpica. Avevo scelto il curling perché con l'aspirapolvere non mi batte nessuno, invece mi hanno affibbiato i pesi. Così eccomi qui, nella palestra Alex club di Milano sotto lo sguardo severo e scanzonato di Alessandro Brunello, maestro di pesistica e direttore tecnico della FIPE Lombardia. 

Alessandro è proprio il ritratto dello sportivo. Atteggiamento cordiale, professionale e sbrigativo. Mi chiede cosa voglio sapere. 
«Vorrei capire come funziona quella cosa che fate, lanciando in aria il peso», rispondo indicando il bilanciere. Segue il mio dito, poi torna a guardare me: «Lo snatch o il clean & jerk?». 
«Non ho capito la domanda», gli faccio io. 
Mi fissa con occhi a fessura: «Sarà un pomeriggio lungo. Vai a cambiarti».




1. La forza è nulla senza equilibrio. 
Lo snatch e il clean & jerk sono i due soli esercizi accettati nel sollevamento pesi olimpionico. Sono apparentemente semplici, ma perché riescano è necessario ripeterli centinaia di migliaia di volte fino alla perfezione. Alessandro decide di spiegarmi lo snatch. È un gesto composto di tre fasi: partenza, esecuzione, arrivo. «Qui non è come in palestra dove fai lavorare i muscoli superficiali», mi dice, «la pesistica allena tutto il corpo, soprattutto i muscoli della postura. Da me arrivano dei ragazzini col fisico curvo, abituati a stare al computer. Dopo un mese che si allenano sono dritti come spade. E fortissimi». Mi guarda: 
«Te fai palestra, vero?»
. Annuisco: «Sì, perché?». 
«Perché la forza è un fattore collaterale. La prima cosa che serve, per fare lo snatch, è l'equilibrio. Sbagli di un centimetro e cadi in avanti o indietro, o magari il bilanciere ti crolla addosso, o ti spezzi un braccio»
. «Perché, succede?». 
«Raramente. Prova!». 
Non sono ottimista.

2. Il mio corpo ha muscoli insospettabili, e mi odiano tutti.
 Alessandro mi mette a gambe larghe, punte dei piedi rivolte verso l'esterno, poi mi fa impugnare il bilanciere a braccia larghe.
«Metti fuori il culo». 
«È una metafora?». 
«Nicolò, bacino in fuori!». 
Nello snatch la schiena va dritta. La colonna vertebrale deve sopportare tutto il peso della tirata su e della discesa. Alessandro mi prende il bacino e me lo spinge così in fuori che inizio a sospettare sia un corso di twerking. Ora so come si sente Niki Minaj. «Dai, tira su il bilanciere facendotelo passare davanti alla faccia, non ruotandolo come una lancetta. Devi andare in verticale come se dovessi tirare su una cerniera, o il peso ti fa crollare in avanti. Vai!»
. Eseguo e il bilanciere mi attrae verso l'uscita. Atterro a pelle di leopardo con la faccia sul pavimento.
 «Non hai capito niente», decreta il mio maestro. 
Potrebbe essere il motto della mia vita.



3. La spada di Damocle mi spiccia casa
. Al settordicesimo tentativo imparo il meccanismo. Si tratta di accovacciarsi, lanciare in aria il bilanciere e accovacciarsi di nuovo facendo passare in avanti testa e spalle – in una frazione di secondo –, per poi rialzarsi. «L'orientamento delle braccia dev'essere perfetto, così il baricentro ti permette di reggere il peso. Senti come tirano i polpacci, le spalle, la schiena?», mi incoraggia Alessandro. Non è quello il mio problema. Cioè, tremo come una lavatrice e il mio corpo manda insulti orrendi al mio cervello, ma la cosa che mi preoccupa di più è il peso sopra la testa. Nel senso, potrebbe cadere. L'idea mi fa tremare di più. Alessandro se ne accorge e lo blocca con la mano: «Ecco, questa è una parte di cui non parla nessuno, ma è quella più importante di tutte. Anche dell'equilibrio. Ossia la psic…»
. Frano all'indietro.

4. È il cervello a sollevare il peso, non i muscoli. 
«Hai presente nelle gare, quando vedi il preparatore olimpico che prende a sberle l'atleta? C'è un motivo. Il cervello è la cosa più importante. Sta a me, che preparo l'atleta, capire qual è la cosa giusta da fare. Ci sono quelli super concentrati che se solo li tocchi fanno un salto, e lì toccarli è controproducente. Viceversa, altri tendono a tirarsi indietro, e allora tiri ceffoni o strizzi le orecchie perché sai che il dolore li fa incazzare. Tutta roba che poi, quando hai il peso davanti, ti cambia le cose»
. «E se io fossi un tuo atleta che faresti?». 
«Ti riempirei di botte». 
Alle gare vedi questi omoni tesi come corde di violino che guardano il bilanciere come se fosse un altare. Hanno a disposizione solo tre tentativi, e ogni volta che ne sbagliano uno il cervello ha una crepa. Quando sono all'ultima possibilità, alcuni vanno nel panico, altri danno il massimo. La preparazione atletica è come un abito: viene fatto su misura. «Poi ci sono anche fattori psicologici esterni», continua il mio trainer. «Tipo, se a un mio atleta lo molla la ragazza, so già che per due settimane sta in un angolino con lo sguardo fisso e mi fa prestazioni disastrose. Quindi, tengo d'occhio anche quello. Ti ripeto, i muscoli sono l'ultima delle ultime cose. È il cervello che fa la differenza».

5. Finalmente cose che capisco: la forza bruta
. «La forza viene con il tempo», mi dice Alessandro. «Ogni settimana aggiungi un pelino più di peso e vai su, finché arrivi a un plateau. Ossia, non riesci più ad aggiungere mezzo grammo. Il 90% delle volte il limite è psicologico. La gente si attacca ai numeri e ne ha paura, ma ci sono molti trucchi per risolvere il problema». Il sollevamento pesi, poi, è uno sport completo e il mio mentore ci tiene a ricordarmelo. «Se vuoi fare pesistica, non ti puoi permettere di essere come i palestrati che hanno due spalle così e le gambette da gallina». Per essere un vero atleta serve equilibrio in tutto. Nella vita privata come sotto il bilanciere. «Puoi integrare con esercizi a corpo libero, quasi tutti diretti qui  – mi ficca un dito nel fianco  –, nell'addome che adesso non so perché tutti chiamano core. È questa la parte più debole del corpo. Non ci sono ossa, solo interiora e muscoli. Quindi, facciamo esercizi che non isolano, ma coinvolgono tanti mus…». 
«Come il crossfit!», lo interrompo.
 «Sì, ma il crossfit è un'altra cosa. È più intenso e pochi riescono a sostenerlo a lungo. Tra l'altro, io lavoro anche con il crossfit». «Vabbè, comunque posso scrivere che si diventa forti?», faccio io. 
Scrolla le spalle e annuisce.

6. Una dieta sana, ma non monastica
. «Il peso in questa disciplina conta, perché ci sono le categorie», dice Alessandro, «ma non è un impegno costante. È differente dalla palestra, io lascio i miei allievi divertirsi un po', godersi la vita a tavola – sempre con moderazione –, proprio perché la psicologia è tutto. E non puoi pretendere che uno mangi sempre corretto, perché crolla. È inevitabile. Certo, se ha in programma una gara si controlla tutto al centesimo, perché se mette su tre chili di grasso poi non te ne fai niente. Ma, in generale, siamo più tolleranti». 
«Quindi, posso scrivere che la differenza tra la pesistica e la palestra è che con la prima sviluppi una capacità, e il fisico potente è un effetto collaterale, mentre la seconda è il contrario?». 
Alessandro mi guarda con un sorriso: «Sai che lentamente impari? Adesso riproviamo con lo snatch».