Una volta solo le celebrità si trovavano a essere costantemente sotto esame. Adesso abbiamo tutti un'immagine pubblica - che si tratti di Facebook, Instagram, Twitter o il social più superficiale di tutti: Tinder - che viene cliccata da varie persone ogni giorno, se non ogni ora. Mai come di questi tempi siamo state obbligate a guardare a noi stesse (e agli altri) con tanta attenzione. Alcune di noi hanno sviluppato una vera ossessione compulsiva ad apparire perfette… Con la costante sensazione che ci sia sempre in loro qualcosa di sbagliato. Chiamiamola pure dismorfofobia estetica.

Cos'è la dismorfofobia estetica. Molto simile alla dismorfofobia - quella patologia psicologica che affligge all'incirca il 2 percento della popolazione e rende le persone ossessionate da un difetto fisico che in realtà non esiste - la dismorfofobia estetica provoca una percezione distorta della propria immagine corporea. Per quanto non sia un disturbo diagnosticabile dal punto di vista clinico, ambire a labbra gonfie come un canotto, a una pelle priva di rughe, a un naso perfetto, a una scollatura mozzafiato (e la lista potrebbe continuare all'infinito) genera in molte donne una vera tendenza alla dismorfofobia verso il proprio corpo così com'è: e per correggerne le presunte imperfezioni è molto facile indulgere in un uso ossessivo di cosmetici.

Se non ti piace, ritocca.

"La chirurgia estetica non è più appannaggio esclusivo di donne ricche e famose, come succedeva dieci e più anni fa" dice Vivian Diller, ricercatrice e psicoterapeuta di New York specializzata in terapia per le donne. Che i trattamenti siano alla portata di tutti potrebbe anche essere un progresso, ma è vero che spesso questa facilità di accesso al bisturi risulta scivolosa come una buccia di banana.

L'esempio più eclatante è quello delle iniezioni per appianare le rughe facciali. All'inizio si trattava di ritocchi per distendere quella piega che proprio non riuscivamo a sopportavare, "ma adesso si tratta addirittura di prevenire il formarsi delle rughe d'espressione" dice la dottoressa Ellen Marmur, dermatologa di Manhattan e professoressa associata presso il Mount Sinai Medical Center.

La pratica di stirare le rughe di espressione prima ancora che si formino o quella di riempire la pelle prima ancora che ceda è ormai così diffusa da essere considerata dalle ventenni come una regola di comune buon senso, se non addirittura un vero e proprio investimento.

È così che negli ultimi tre anni i ritocchi a base di Botox sono arrivati a costituire da soli il 30% degli interventi estetici totali (e nel frattempo anche i volumizzanti iniettabili, come il Restylane e lo Juvederm crescono in popolarità).

Non c'è niente di male nel voler preservare giovane la propria pelle, ma è molto facile che tendenze come questa possano modificare il modo in cui le donne si percepiscono (in particolare quelle che tendono alla dismorfofobia), spingendole a vedere problemi e difetti fisici perfino prima che si presentino, e oltretutto con l'avallo di un medico.

"Farsi stirare una ruga o gonfiare le labbra di solito apre la strada a una serie infinita di altri trattamenti estetici" dice Jessica Wu, dermatologa di Los Angeles con molte celebrità tra i propri pazienti. "Quando ci si abitua agli aghi, si cominciano a prendere in considerazione interventi più invasivi, come ad esempio gli impianti alle guance, il sollevamento delle labbra e l'aumento del seno".

Il fattore sociale

Mettere on line la propria immagine, specialmente dopo che si sono investiti tempo e soldi per perfezionarla, presenta un nuovo ordine di problemi.

"I social media ci hanno rese più consapevoli di tutti quei piccoli difetti fisici che abbiamo sin dalla nascita", dice la Diller. E del resto quante volte vi è già capitato di vedere una ragazza che mentre è fuori a divertirsi con le amiche fa passare il telefono di mano in mano chiedendo a tutte l'autorizzazione prima di postare una foto che ritrae le altre? E poi da quando è arrivato Instagram - con i suoi filtri in grado di rendere la pelle perfetta - la realtà è diventata sempre più difficile da accettare. "Mi è capitato di sentire una ragazza che diceva. 'Oh, per favore non postare quella foto… sembro proprio io!", dice la Diller.

È diventato più facile anche entrare in competizione, un problema che gli esperti hanno classificato come "Sindrome da confronto e disperazione", corresponsabile del recente incremento di interventi estetici sempre più estremi. Un sondaggio da poco eseguito per conto della American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery ha rivelato che i medici stanno fronteggiando richieste sempre più insistenti da parte di persone ansiose di farsi prescrivere cosmetici in grado di migliorare il loro aspetto nelle foto on line.

Il primo indizio è il lifting facciale eseguito apposta per la foto profilo su Facebook. Anche se a dirlo sembra il nome di un restauro da sessantenni in stile Joan Rivers, in realtà si tratta di una serie di piccole procedure - aumento del mento, rifacimento del naso, liposuzione - effettuate dalla selfie generation con l'obbiettivo finale di risultare più attraenti nelle foto che si postano sui social media.

Mentalità da gregge


Uno degli aspetti più inquietanti di questi comportamenti è che possono essere contagiosi. Pensaci. Se nella tua cerchia di amicizie tutte quante avessero le rughe d'espressione spianate e le labbra gonfie come ruote di bicicletta, cominceresti a considerare questo genere di trattamenti come normale cura di sé, alla stregua di depilarsi le sopracciglia con la pinzetta o farsi il riflessante dal parrucchiere. Gli standard estetici si modificherebbero e inizieresti a considerare belle le labbra da papera e la fronte liscissima, al punto da non esitare a sottoporti al bisturi per adeguarti a questi canoni.

Le persone che frequentiamo abitualmente influenzano il nostro concetto di normalità, e questo si estende fino alla spa e all'ambulatorio del dermatologo. "Parecchie delle mie amiche intime e perfino le mie sorelle prendono appuntamento insieme" dice la dottoressa Marmur. Aggiunge che quando si tratta di interventi estetici, alcune di noi possono essere paragonate a quelle cattive compagnie che ti instradano alla tossicodipendenza. "Va tutto bene finché quella che ci consiglia i ritocchi sa essere un buon giudice di sé e delle altre".

Il confronto con la realtà

È umano guardarsi allo specchio e vedere ampi margini di miglioramento. Ma come si fa a stabilire quando i nostri pensieri (e i nostri comportamenti) sconfinano nel territorio della dismorfofobia? La Diller ci fornisce tre pratici indizi:

  • Quando l'ideale di bellezza si fa un po' troppo rigido (ad esempio: ti sforzi di sembrare a tutti i costi la sosia di Miranda Kerr o Adriana Lima).
  • Quando quella vocina dentro la testa non fa altro che mettere in rilievo tutti i tuoi difetti.
  • Quando l'aspetto fisico diventa la priorità assoluta.

Se ti riconosci in uno di questi punti, ci sono terapeuti specializzati sui disturbi dell'immagine.