Sesso maschile, alla boa degli "anta", alfa, tatuato e anche pelosetto. Professione beauty editor. Uhmm, c'è qualcosa che non funziona, cioè un conto è scrivere di calcio, moto e gadget elettronici, un altro è occuparsi di "bellezza", dalle creme anticellulite, al rossetto di tendenza, ai nuovi mood scientifici per pelle e dintorni e, qualche volta, scrivere di igiene intima femminile e brazilian wax. 

Per uno che non si trucca (e per DNA, purtroppo, non ha questa ambizione neppure in privato) è una bella sfida. Come ci sono capitato nel settore delle "bellezzare" (questo è in gergo giornalistico il nome di noi che ci occupiamo di beauty)? 

Uhmm, risale a parecchi anni fa, all'incirca un ventennio, dopo una quasi laurea in architettura e vari lavori in show room e anche in banca (ebbene sì, lavoravo agli sportelli), mi hanno proposto di fare moda in un magazine. Quando, dopo un anno di abiti e shooting fotografici la giornalista bellezzara decide di dare forfait e lascia scoperto il posto, la mia direttora di allora (forse perché non brillavo molto come fashion editor) mi scaraventa su una scrivania piena di boccette, matite colorate, striscioline di carta profumate – ora so che si chiamano muillettes – e ombretti frantumati. 

Andrea mi sono detto: don't panic, mica detto che se si chiude una porta si spalanca un burrone sotto di te. Quindi ho iniziato aggirandomi nelle presentazioni come un infiltrato, guardato abbastanza male dalle pierre e da molte veterane. Faccio un breve inciso: ai tempi il mondo della beauty era una sorta di gotha, poche persone, sempre quelle, potentissime… e c'ero io ragazzetto in jeans e Clarks che chiamavo il mascara con il nome di Rimmel. La prima ad accorgersi di me è stata Elena Melik, un'eterna ragazza anche in tarda età, che aveva un cipiglio da pitbull e una conoscenza universale di aziende, prodotti, texture, bouquet, prezzi e che, senza esitazione, mandava KO senza remore anche la pierre dotata dall'aplomb di una statua dell'Isola di Pasqua. Mi ricordo quando nel mezzo di una presentazione esordì dicendo che "quel" profumo sapeva di pipì di gatto o che "quella" crema era il clone esatto di quella di un'azienda competitor presentata cinque anni prima. Insomma, con Elena non si scherzava. 

Lei mi disse durante un press day: «Giovanotto, lei come nasce?» e io le risposi «Credo dallo stesso orifizio dal quale nasciamo tutti». Lì scattò subito un feeling mai espresso ma fortemente presente, come quello nato tra me e la mia "mamma adottiva": si chiamava Elvira, faceva il coordinamento delle redazione e quando sbagliavo servizi o mettevo una didascalia sbagliata mi prendeva a scappellotti. Non riesco ancora a cancellare il suo numero di telefono... Ok, stop con la sezione libro Cuore

Se sei arrivata fino a qui immagino che tu voglia sapere cosa (evito la parolaccia) faccio tutto il giorno.

Bene io sono nato a Cosmopolitan (parliamo di 25 anni fa) e, credo, ci rimarrò fino a quando avrò bisogno di farmi cambiare il pannolone. Sì, è una dipendenza che, per uno come me che odia le dipendenze di qualsiasi genere, mi assorbe completamente e che amo. Già, non odiatemi: io vado felice al lavoro, ho una famiglia allargata in redazione (andiamo anche in vacanza insieme), un direttore che è nata il mio stesso giorno (è vero, boss, che la vita da "bionde" ci piace?), una socia "partner in crime" e una redazione che adoro. 

Ehi, sono con il direttore Francesca Delogu 

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C'è anche la mia socia "partner in crime" Valentina Sorrenti 

E la redazione?!

Però lavoriamo, e anche tanto. Iniziamo al mattino con press day a vertigini, già perché, a differenza del fashion dove esistono le stagioni, nel nostro settore è un toast farcito di novità quotidiane. Vuoi che non ti presentino il depilatore elettronico, laser e con spada da Star Wars annessa o la crema che sbianca le macchie, toglie i rossori, le rughe e, se la usi al posto del Viakal, ti sbianca anche la tazza del water? Scherzi a parte, devi essere informato davvero: in mezzo ci sono formule mutuate dalla medicina, principi attivi che spesso richiedono una laurea in chimica per capire gli elettroni spaiati e devi fare un pizzico di rodaggio dermatologico per stabilire con esattezza il check-up della pelle. 

Poi ci sono le novità più ludiche come make-up o profumi. Lì ci si diverte davvero perché puoi capire come si evolvono la società, le tendenze, le persone, le generazioni (oggi il mantra siete voi, le Millennials). Puoi intervistare stilisti, testimonial o influencer celebri e (wow) partecipare a party fantastici o fare viaggi che, credo, tutti noi con la nostra busta paga non potremmo mai permetterci.

Non è tutto! C'è anche la parte web (che io adoro) dove tutto è veloce, dove puoi comunicare con chi ti legge quasi in diretta, dove scrivi i pezzi più veloci e divertenti, dove fai lo scoop postando su instagram il rossetto più cool del momento o la novità imperdibile che ti fa schizzare i like come in un flipper. Bello dai, anche se sei stalkerato dalla nostra web manager Gaia (e dalle espertone di siti, google, social e varie) che comunicano con un vocabolario strano, nel suo caso un mischione di veneto e termini che, a noi umani esenti dal virus zombie del nerdone, sono incomprensibili. Insomma come dice Fedez: voglio ma non posto…

Eccomi con la web manager Gaia Giordani 

E sulla carta, cioè il giornale fragrante come un croissant che acquisti ogni mese, il discorso è più complesso: riunione di redazione due mesi prima dell'uscita, cioè ad aprile ti ritrovi già a pensare ai solari e ai week end al mare e per il giorno dei morti sei indeciso tra il party di fine anno o San Valentino. Insomma, è come vivere con il jet lag perenne. Partono poi gli scatti fotografici da mettere in piedi con idee sempre nuove, e menomale che siamo confortati dalla nostra iconica art director snella, figa, simpa e soprattutto con un senso estetico da Oscar. 

Grosso modo funziona così. E tieni presente che questo lavoro non mi ha ancora annoiato, è sempre stimolante e mi permette di dialogare sempre con te. Una porta del cervello spalancata, anche se ti può sembrare un lavoro che non lascia traccia perché è basato sull'apparire. Io ti garantisco che fare da supporto a certe insicurezze femminili (anche noi uomini ne abbiamo, basta guardare negli spogliatoi della palestra... ) è gratificante. 

Ti piacerebbe un lavoro così? Se sì, ti consiglio di spalancare gli occhi, guardare cosa ti succede intorno, spesso è solo un modo particolare di mettere l'eyeliner, osare un colore di rossetto insolito, una manicure improbabile, un profumo vertigine che annusi per strada per farti scattare l'idea wow. Inizia a condividere le tue idee sulla bellezza, fatti un piccolo blog, scrivi le tue esperienze e incrocia le dita, prima o poi se hai talento qualcuno si accorgerà di te. E tieni sempre a mente il mantra di  Helena Rubinstein: «Non esistono donne brutte, esistono solo donne pigre».